Il piccolo principe
di Pierluigi Diaco (Il Foglio, 18 dicembre 2010)
A Roma, in uno stiloso e chicchissimo teatro chiamato Di Documenti (lo spazio che lo scenografo e costumista Luciano Damiani realizzò al quartiere Testaccio inseguendo i suoi sogni teatrali), la compagnia degli Incauti mette in scena fino a domani pomeriggio “Il clown dal cuore infranto”. Un esercizio di stile, recitato con rigore e rara grazia, da quattro attori autorevoli nei loro movimenti di scena e convincenti nel tono, nei tempi, nei battiti. Ammirandoli, si ha la sensazione che abbiano fatto loro una massima decisamente fanatica ma vera: quando si è innamorati, si comincia sempre con l’ingannare se stessi e si finisce sempre con l’ingannare gli altri. Questo è ciò che il mondo chiama una “storia d’amore”. Tant’è che lo spettacolo comincia da Oscar Wilde in galera per sodomia e a ritroso ripercorre l’amore “insano” per il giovane Bossie, la sua lirica, la sua letteratura, la sua fine, il processo, la condanna… e soprattutto afferma l’autonomia indiscutibile dell’arte dalla morale, cosa che è doveroso ribadire in questi tempi sordi agli impeti dei cuori ballerini. Per chi, come il piccolo principe, non crede nella coscienza ma solo ed esclusivamente nello spazio ingordo dell’animo umano, “Il clown dal cuore infranto”, in una sera fredda e malinconica, ha esorcizzato il dolore di un giorno, ha medicato i dubbi di sempre, ha spezzato la convincente alchimia della vita sedotta dalle regole. Il teatro di prosa appare risorto se frequentato da Milutin Dapcevic, Michele Di Giacomo, Gabriele Falsetta e Diana Manea.