Born to be Wilde
di Anna Bandettini (La Repubblica, 11 dicembre 2010)
Non è un autore amatissimo dai registi di oggi Oscar Wilde. Forse è giudicato troppo decadente, troppo esteta, troppo omo. Fa una certa sorpresa, dunque, che sia una giovane compagnia indipendente, Gli Incauti, a firmare un lavoro bello e ben fatto che racconta Oscar Wilde nel suo epilogo umano e artistico con abbondante ispirazione alla bellissima “Ballata del carcere di Reading”, al “De Profundis” e altri scritti. “Il clown dal cuore infranto” comincia da Oscar Wilde in galera per sodomia e a ritroso ripercorre l’amore insano per il giovane Bossie, la sua fine, il processo, la condanna… e soprattutto afferma l’autonomia dell’arte dalla morale, cosa che è legittimo ribadire, di questi tempi, tanto più se con le parole di Oscar Wilde e i suoi fulminanti, leggendari aforsimi.
Bello il testo drammaturgico, ben montato, con sapienza delle tecniche narrative, capace di creare curiosità e aspettative nello spettatore. Ma dove Simone Toni, autore e regista, mostra di aver ben assimilato la lezione della scuola ronconiana (al Piccolo Teatro di Milano) è nella messa in scena. A Roma, per esempio, ha interagito con la bellezza unica del Teatro di Documenti, lo spazio che il geniale scenografo e costumista Luciano Damiani realizzò vicino al quartiere Testaccio inseguendo i suoi sogni teatrali.Così anche lo spettacolo diventa un saliscendi tra le diverse sale (vale la pena distrarsi qualche minuto dallo spettacolo e ammirare i dettagli: i fregi alle pareti, le porte ecc…) del Teatro di Documenti con cui lo spettacolo degli Incauti condivide anche i bei colori, bianco antico, beige ecc… dei costumi (di Gabriella Baldoni) e degli oggetti di scena.Bella l’idea registica a ma anche ben servita dagli attori: giovani che finalmente sanno recitare, cioè modulare la voce, i toni, le espressioni. Sono Milutin Dapcevic, Michele Di Giacomo, Gabriele Falsetta e Diana Manea. Se il teatro di prosa fa intravvedere un domani è anche grazie a giovani artisti come loro.