da un’idea di Marco Benazzi
scenografia Riccardo Canali
costumi Roberta Cocchi
luci Fiammetta Baldiserri
effetti sonori Franco Beat
ass. alla regia Mattia Bartolettistella |
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Un giovane uomo si muove solitario in una scenografia in bianco e nero, nudo fondale di copertoni e catene, novello Charlie Chaplin nostrano incastrato tra gli ingranaggi di gomma e ferro della fu gloriosa Fabbrica Italiana Automobili Torino. Si tratta di Giuseppe Dozzo, sindacalista Fiom, ex partigiano, di lì a poco ex operaio. La fabbrica degli anni Cinquanta che mal sopporta le alzate di testa degli addetti alla catena di montaggio, e li elimina lentamente e inesorabilmente, isolandoli. È la nuova, coraggiosa produzione de Gli Incauti. Il diario di Giuseppe Dozzo. Gli anni duri della Fiat, spettacolo diretto e interpretato da Simone Toni, attore romagnolo formatosi al Piccolo di Milano con Luca Ronconi, Gabriele Lavia e Romeo Castellucci, coi quali ha lavorato poi in numerosi spettacoli teatrali costruendosi a dispetto della giovane età un solido curriculum di interprete e regista.
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Giuseppe Dozzo esprime un incredibile amore per il proprio lavoro. Nonostante lo screditamento e le vessazioni subite cerca sempre di avere comportamenti irreprensibili, non tanto per paura delle ritorsioni allora così frequenti, ma per essere un modello positivo per i compagni di lavoro, per dimostrare che il suo impegno è disinteressato, e per difendere la propria dignità.
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Dozzo scriveva venerdì 16 novembre 1956, alla vigilia del suo trasferimento nel reparto confino dell’Officina 24 di Mirafiori:
«Oggi per l’ultima volta le mie mani si sono sporcate di polvere e grasso di quelle matrici e punzoni che tante volte ho spostato, ordinato, amato come oggetti di valore»
«Ho amato il mio lavoro poiché da solo sono riuscito a riordinare il magazzino come
desideravo, suddividendo, spostando il materiale in un modo pratico e semplice»
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“…la dinamica dell’ascesa dell’operaio è ricostruita in maniera geniale da Simone Toni: infila tre tavole, una dietro l’altra attraverso i copertoni sospesi in aria a diversa altezza, ci sale su e in equilibrio precario, passo dopo passo, con tenacia, si porta al vertice dove si consuma la sua rivoluzione…”
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